di KAHLIL GIBRAN
Ieri, “com’è lontano eppure vicino, ieri”, io e la mia anima siamo andati al grande mare, per pulirci dai resti di fango della terra, rimasti sul nostro corpo.
Arrivati alla spiaggia, abbiamo cercato un luogo appartato per non essere visti dall’occhio della gente. Lungo il cammino, abbiamo visto un uomo seduto su una roccia e polverosa, con un sacco in mano, che di tanto in tanto tirava fuori una manciata di sale e lo spargeva sul mare.
E l’anima mi disse: “Quest’uomo è un pessimista, uno che nella vita non vede che l’oscurità. Non si merita di vedere i nostri corpi nudi. Cerchiamo un altro posto”.
Abbiamo continuato a cercare finché non abbiamo trovato un anfratto. Là abbiamo scorto un uomo vicino ad una roccia bianca e con in mano una piccola scatola incastonata di pietre preziose. Ogni tanto tirava fuori una zolletta di zucchero e la gettava nel mare.
E l’anima mi ha detto: “Questo è l’ottimista, che cerca l’impossibile. Neanche lui è degno di guardare i nostri corpi nudi”.
Abbiamo proseguito la ricerca finché ci siamo imbattuti in un terzo uomo che stava in piedi, lungo la riva, raccoglieva pesciolini morti e li ributtava nel mare.
E l’anima mi ha detto: “Questo è lo sciocco pietoso, che cerca di restituire la vita ai morti. Stiamone alla larga”.
Abbiamo camminato ancora fino a quando abbiamo visto un quarto uomo inento a tracciare il profilo della sua ombra sulla sabbia per poi lasciarlo poi cancellare dalle onde.
E l’anima mi ha detto: “Questo è il mistico, che con l’immaginazione crea un idolo da adorare. Lasciamolo stare”.
Quindi ne abbiamo trovato un quinto, in piedi in una laguna bassa e stagnante, che toglieva la schiuma dalla superficie dell’acqua per versarlo in un vaso di corniola.
E l’anima mi ha detto: “Costui è l’idealista, che tesse con la tela del ragno gli indumenti che indosserà. Non gli daremo il privilegio di vedere i nostri corpi nudi”.
Abbiamo ripreso il cammino finché non abbiamo sentito una voce forte che diceva: “Questo è il mare profonda! Queso è il tremendo e grande mare!”
Cercando di capire da dove venissero, abbiamo scoperto che le parole erano pronunciate da un uomo che dava le spalle all’acqua. Si era appoggiato una conchiglia all’orecchio e ne ascoltava il fruscìo.
E l’anima mi ha detto: “Andiamocene, perché quest’uomo è uno scettico, che volge le spalle alla grandezza che non può circoscrivere e lascia che sia un nonnulla a guidarlo”.
Continuando il nostro cammino abbiamo visto un settimo uomo che stava tra due rocce, con la testa nascosta nella sabbia.
Allora dissi a me stesso: “Anima mia, visto che non può vederci, immergiamoci qui”.
Ma la mia anima scosse la testa e disse: “No! Mille volte no! L’uomo che vedi è il peggiore di tutti. E’ il timoroso di Dio che si nasconde dalla tragedia della vita mentre la vita nasconde le proprie gioie a lui”.
Allora vidi apparire un’espressione di dolore sul volto della mia anima che mi disse con voce piena di compassione: “Andiamo via da queste rive, perché non c’è intimità, qui. Non lascerò che il vento giochi coi miei lunghi e biondi capelli o scopra il mio bianco seno qui. Non mi spoglierò lasciando che la luce si posi sulle mia membra nude”.
Così, io e la mia anima, abbiamo lasciato il grande mare e ci siamo incamminati insieme, alla ricerca del mare più grande.
(1)Traduzione di G. Formizzi Opitz