Di Giuseppe Calì
Questa volta era quella giusta se lo sentiva Gina mentre stringeva tra le mani la schedina dove aveva pazientemente segnato i numeri, solo, non poteva immaginare che in quella ricevitoria, proprio in quella che credeva la meno affollata, quella al centro della piazza del piccolo paese di provincia, potesse accadere ciò a cui stava assistendo: un uomo dal volto incappucciato teneva un coltello puntato sulla proprietaria, obbligandola a dargli tutto il denaro disponibile. Gina sentiva la paura scoppiargli dentro, ma si manteneva calma, non poteva perdere l’occasione di vincere, i numeri giocati sarebbero sicuramente usciti tutti, un bel sei in schedina le avrebbe alleviato parecchi problemi, cambiandole la vita, si immaginava già libera in una bella villa con tanti servitori, avrebbe mandato via quel marito che pensava solo a sbraitare e a giocare lunghissime partite di briscola con gli amici. Aveva seguito nei giorni precedenti tutte le trasmissioni che davano continuamente numeri, quegli indovini della televisione interpretavano i sogni in maniera impeccabile. Pensò quindi ai suoi sogni della notte precedente, tutti già tramutati in numeri, solo uno le era poco chiaro, l’aveva fatta svegliare improvvisamente, ma non riusciva a ricordarlo e adesso mentre era lì, pareva che questo sogno si materializzasse nelle azioni che il rapinatore stava compiendo all’interno della tabaccheria. Certo, avrebbe potuto giocare un’altra schedina inserendo il numero che corrispondeva alla rapina, ma quel delinquente era ancora lì e non andava via, e poi, aveva lasciato i suoi risparmi per investirli tutti su quella schedina, su un sistema speciale, doveva assolutamente giocarla! Aveva la sensazione che il tempo non passasse più, cercò di trattenere per le redini i suoi pensieri che gli suggerivano di nascondere la schedina, uno strano terrore attraversava il suo corpo provocandole dei brividi, il terrore che quel malvivente potesse rubarle quel pezzo di carta così importante per lei, no, sarebbe stata una tragedia, era la volta giusta, quella schedina era vincente. Decise di nasconderla con prudenza, approfittando del fatto che il rapinatore minacciava la titolare, povera signora Rosa, fungeva da cavia per l’attuazione del piano di Gina. Prima di agire valutò attentamente tutte le soluzioni, bisognava capire quale nascondiglio avrebbe evitato alla schedina di essere rubata, la borsa no perché era facile che le venisse sottratta, tasche nella gonna non ne aveva, poteva nasconderla nelle mutande, lì senza dubbio quel vile non avrebbe controllato, ma essendo inverno ce ne voleva di tempo per attraversare collant e calzamaglia. Mentre studiava il da farsi il delinquente si girò verso di lei:“Tu, presto dammi la borsa”Gina tentennò, nella borsa c’erano i soldi per giocare, mentre in una mano stretta in un pugno stritolava la sua schedina, forse era meglio perdere i soldi, la signora Rosa era un’amica, magari le avrebbe fatto credito:“Ecco giovinotto la prenda pure ma ci risparmi la vita”L’uomo afferrò la borsa cercando freneticamente il portamonete, dal quale caddero diversi spiccioli, che arrivati sul pavimento rotolarono fino a nascondersi sotto il bancone del locale, interdetto e furioso appoggiò il coltello sulla gola di Gina che rimase immobile, gli occhi sgranati verso il cielo, le vene delle mani che pareva scoppiassero dalla pressione esercitata sulla schedina, si udì un tonfo!La signora Rosa era stramazzata al suolo priva di sensi e tra l’altro il rumore di una sirena si avvicinava, l’uomo guardò la donna svenuta, avvicinò i suoi occhi a quelli di Gina quindi la spinse facendola cadere e scappò via. Il maresciallo dei carabinieri aveva ancora sul volto le linee del cuscino quando venne avvisato del furto alla ricevitoria, Gina lo notò subito nonostante la paura, il pericolo era comunque scampato, però la signora Rosa era ancora svenuta. Si avventò su di lei dandole dei buffetti sulle guance:“Mi dia aiuto maresciallo, la prego, dobbiamo farla rinvenire, devo giocare la schedina, devo assolutamente”“signora si calmi, ma le sembra questo il momento di pensare alla schedina? Anzi, resti a disposizione dobbiamo interrogarla”
Gina trattenne le lacrime, sconsolata, mentre nella sua mente ricompariva l’immagine della sua misera vita e nelle sue orecchie rimbombavano ancora le grida del marito. Aprì la mano osservando la schedina ormai ridotta a una poltiglia colorata, i numeri erano volati via disciolti dal sudore.