Corrado Costa – Poesie edite e inedite (1947-1991) Opere poetiche II: PRE-ORDER DISPONIBILE!

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▪ Disponibile in pre-order fin al 10/05 al seguente link: https://bit.ly/2P1bNBP

▪ Dal 27 maggio in tutte le librerie.

A cura di Chiara Portesine, con un’introduzione di Aldo Tagliaferri e interventi di Adriano Spatola, Gian Luca Picconi, Milli Graffi, Giulia Niccolai, Paul Vangelisti, Marco Giovenale e Chiara Portesine.

Collana “Costiana” a cura di Roberta Bisogno (Van Der Bub), Andrea Franzoni e Fabio Orecchini.

A trent’anni esatti dalla scomparsa di Corrado Costa (1929-1991), la casa editrice Argolibri è orgogliosa di presentare il secondo volume delle Opere poetiche (dopo il primo pubblicato lo scorso anno dedicato alle poesie giovanili), che raccoglie per la prima volta tutte le poesie edite in volume, ovvero “Pseudobaudelaire” (1964), “Le nostre posizioni” (1972) e “The complete films” (1983), le poesie sparsamente distribuite in rivista dagli anni ’40 agli anni ’90 e moltissimi inediti, un autentico tesoro, preservato e reso disponibile dall’Archivio Costa della Biblioteca “Panizzi” di Reggio Emilia, tra cui le raccolte “Pseudo-pseudobaudelaire”, “Tutto il cinema di Corrado Costa. Poemi in bianco e nero e poesie a colori”, così da ottenere un ‘profi­lo poetico’ dell’autore diversifi­cato ed esaustivo di quei suoi anni di attività scrittoria intrepida e inarrestabile; a corredo un apparato composito e plurale che accoglie contributi di studiosi e sodali del poeta, tra cui Chiara Portesine (curatrice del volume), Aldo Tagliaferri, Paul Vangelisti, Giulia Niccolai ed altri ancora.

—Il professionista lavora e il poeta nullafacente vive felice, entusiasta e irriconoscente. Riferisce strabilianti notizie del tipo: “Ho conosciuto Antonio Delfini (1962) e l’ho invitato a mangiare le anguille a Comacchio”. E il fratello paga. “Fondiamo il gruppo dei poeti estensi, sotto l’egida di Ciro Menotti, contro i poeti di Parma”. E il fratello paga.

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Costa inizia così la sua magistrale performance comica: “Corrado Costa sono due fratelli. Portano entrambi lo stesso nome”. I due fratelli che ha abitato, il poeta e l’avvocato, non si escludevano a vicenda, come Corrado, da infaticabile burlone, vorrebbe farci credere. L’avvocato, insomma, non si limitava a pagare le bollette. Uno era l’avvocato difensore dell’altro – o, forse, lo proteggeva – dal mondo del dopoguerra, fatto di slogan e futili animosità, di lamentele personali che diventavano facilmente ideologiche, e di prese di posizione pubbliche subito esposte come fossero pensieri. Come dice Costa in una lettera al suo editore, Vanni Scheiwiller, inclusa come postfazione alla seconda edizione del suo primo libro, Pseudobaudelaire (1964, 1985): “Scrivendo queste poesie ritenevo di avere raccolto segni di una realtà che si era manifestata ampiamente, codificata in una lingua artificiale, standardizzata per stereotipi politici, pesanti, ormai privi di emozione….”. P. Vangelisti

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RIFIUTO DI UNA EPIGRAFE PER UN MONUMENTO

Se esiste un’altra volta la città finito il coprifuoco
se uccisi i mercenari sono in salvo i responsabili dell’errore politico
se dopo le torture c’è una sola giustificazione giuridica degli ordini
se ci sarà da esaminare quale
responsabilità lega gli ostaggi
al dovere increscioso dei carnefici
se occorre un’altra volta un funzionario finito il culto
della personalità
se dovranno ricorrere alle vittime per scegliere gli eroi.

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“Costa diventa un poeta che legge Saussure e se ne innamora. Non lo spaventa scoprire che nel significante non troverà mai la profondità e la bellezza e la passionalità del significato ‒ e nella poesia della lepre e dell’erba c’è esattamente tutta la meraviglia della scoperta ‒; non lo spaventa la struttura di separazione dal mondo che ci viene imposta dalla lingua nel momento stesso che ci concede un mezzo per collegarci al mondo. Per Corrado Costa quella è la terra della massima fertilità, è il posto giusto dove scatenare la sua carica di sensibilità e di grazia, le sue pacifiche passioni. Il suo gusto per il cavillo o meglio per le sottigliezze di una logica spicciola immediata che pretende di essere semplice mentre mira a capovolgere l’ovvio (coltivata nelle pratiche di giurisprudenza?) diventa fondativa perché è strutturale, è solidamente fissata sui principi della linguistica e dello strutturalismo, e in questo senso è imprescindibile. Per di più si fregia di una sorprendente forza ironica.”. M.Graffi

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COLLOCAZIONE DEI NOMI

se si scrive
lepre
non è detto se si scrive lepre che sarà una lepre
che correrà sull’erba
non è detto che ci sarà dell’erba se si scrive
erba erba erba erba erba erba erba

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“L’abitazione di Corrado e della sua famiglia a Reggio Emilia, in Via Crispi, era sopra un cinema. Per tutti loro, che probabilmente non pagavano biglietto – e non lo dico per una questione di prezzo, ma per il fatto di poter entrare nella sala in qualsiasi momento, come si accende in casa la TV – i film devono essere stati un’abitudine, come i tre pasti al giorno.” G.Niccolai

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Preferirei fare parte della categoria “Cinema” e non della categoria “Poesia”.

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Sembra che non ci sia nessun’altra possibilità per parlare (in poesia), che parlare per mezzo di qualcosa che somiglia alle immagini. L’immagine degli imagisti (sensuale) l’immagine dei surrealisti (artificiale) la «deep image», ora, che si basa sulla percezione come strumento di visione. I poeti si costruiscono una coscienza basata sui cinque sensi, tesi fino ai limiti di rottura della percezione. Non ci sono indicazioni di oggetti, c’è solamente la costruzione dell’immagine e l’immagine non è mai sola. Essa è tutto ciò che c’è sopra sotto a destra a sinistra dell’immagine.
A chi mi chiedesse che dimensioni ci sono sopra sotto a destra a sinistra del territorio dell’immagine, risponderei una poesia-schermo, che mette in primo piano l’immagine, e più l’immagine viene avanti, più si spalanca territorio alle sue spalle (un fotogramma di Eisenstein o, ancora meno, di un film western). Si capisce così che il poeta ha più cose da dire di quante ne stia raccontando. Per raccontare servono termini di riferimento, i termini di riferimento sono le immagini, ma le immagini sono in contraddizione con il loro territorio che è un territorio troppo vasto da occupare (le teorie di Fludd). Dire tutto quello che è possibile attorno all’immagine e poi nasconderla, buttarla via. Tutto quello che rimane dopo averla buttata via, è la poesia.

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DIFFERENZE FRA DUE FILM UGUALI

in alto
manca l’ultimo gabbiano
a destra
in alto
manca la parete destra
della casa
manca il fumo
della casa
in alto
manca
il bottone del soldato
al polsino sinistro
in basso
sotto il fucile
manca l’erba
in alto
manca il mare
manca il primo
manca anche l’altro
dei due gabbiani
in alto
manca il bambino
in basso
chi non
c’è
più
ora
Grida

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[…]Scrivere poesia non è fare affermazioni/negazioni sulla poesia, e il resto non esiste. Scrivere poesia significa non compiere il sacrificio della conoscenza, non porsi al di fuori della vita, non assumere potere. 2. Nella lettera a Peter Watson, Antonin Artaud ha detto: «Per chiudermi la bocca nel 1937 in Irlanda m’hanno fatto gettare in prigione, poi m’hanno internato in Francia per nove anni in un manicomio. La mia opera dice molto meno della mia vita, su tutto ciò, ma lo dice». L’opera, dunque, rappresenta un fallimento. L’opera di poesia «dice molto meno». Possiamo fare dei discorsi, sulla poesia, soltanto partendo dall’opera, limitandoci a ciò che manca. Ma non si può parlare di ciò che manca se non in relazione all’esperienza che ha fatto funzionare il linguaggio. 3. Tam Tam dovrebbe riportare notizie di questo tipo: «Un gruppo di poeti ha parlato della vita quotidiana». «Un critico di poesia, venuto da un paese straniero, a domanda sulla poesia, ha risposto “Conosco un tale, per sentito dire, ma non so dove abita”». Annunci pubblicitari come «Maintenant» di Cravan: «Dove mangiano i poeti? I poeti mangiano da…». A chi chiede che cos’è che viene detto, rispondiamo cortesemente indicando chi parla. «Non ci dobbiamo occupare più delle forme-della-morte ma delle forme-della-vita» (Wittgenstein).
N.B. ove non compaia il titolo dell’autore si suppone il testo sia stato scritto indifferentemente da uno dei due fratelli Costa (ndr).

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“Corrado è forse uno dei poeti che meno si presta ad una collocazione. Ha una sua originalità che non si presta a nessun accostamento: è Corrado e basta. In questo è la sua grandezza. Costa è un grandissimo scrittore che attraversa i vari generi letterari. Ha fatto poesia, prosa, teatro, ma li ha fatti in modo contiguo, attraversandoli in una maniera trasversale. Ha fatto spettacoli teatrali straordinari e ha cose in prosa importanti, non ancora pubblicate, anche un romanzo. E non va dimenticato che Corrado è anche un grande pittore, un grande disegnatore. Ha cominciato come vignettista, ma è passato poi a fare della pittura, con cose importanti, molto belle, come una serie di lavori fatti su materiali e carte usate che sono di una bellezza straordinaria. C’è dunque in lui un discorso unico che circola fra i diversi generi. I lavori di Corrado sono veramente pittura, non sono i prolungamenti della sua poesia. Penso che lo specifico della ricerca poetica di Corrado sia il gioco continuo del linguaggio, l’ironia, la giocosità. La vitalità, la freschezza che lui ha trasmesso è qualcosa che resta. E nella produzione poetica Corrado è un fatto straordinario. Oltre a un vuoto ha creato un pieno, come una grande individualità che rimane.”

Nanni Balestrini, Ritratto di Corrado Costa, Roma, 2008.

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